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Quel 25 maggio Néstor Kirchner inventò se stesso.

«Faccio parte di una generazione decimata, con assenze dolorose. Sono entrato nella lotta politica credendo in valori e convinzioni che non penso di lasciare sulla porta d'entrata della Casa rosada».Queste furono le parole che Néstor Kirchner rivolse al Congresso il 25 maggio 2003, quando s'insediò alla presidenza di un'Argentina sprofondata nell'abisso. Parole per un cammino politico che avrebbe marcato un prima e un dopo per il paese e anche per l'America latina.
Quel 25 maggio Néstor Kirchner inventò se stesso. L'ex-presidente, peronista di centro-sinistra, è morto ieri a 60 anni, poco dopo le 9 di mattina a El Calafate, nell'estremo sud della Patagonia, a causa di un attacco cardiaco.
L'Argentina è rimasta choccata. La morte l'ha trovato in piena attività, nonostante che in febbraio fosse stato operato per un'ostruzione alla carotide e in settembre per un problema coronario. Non c'era medico che potesse costringerlo ad abbassare i decibel.
Oltre a un capo di stato, è scomparsa una figura pubblica straordinariamente rilevante, il marito dell'attuale presidente Cristina Fernández, un quasi sicuro candidato alle presidenziali del 2011, il segretario generale dell'Unasur, la Unione delle nazioni sudamericane.
Kirchner era nato a Río Gallegos, capitale della provincia di Santa Cruz, il 25 febbraio del 1950. Conobbe Cristina durante la comune militanza nella sinistra peronista a La Plata, località universitaria a 70 km da Buenos Aires.Si sposarono nel marzo del '75. La dittatura militare nazi che cominciò un anno dopo portò i giovani Kirchner a isolarsi a Río Gallegos dove si dedicarono alla loro professione di avvocati. Poi, tornata la democrazia nell'83, Néstor fu eletto sindaco della città e poi, negli anni '90, governatore della provincia. Fu il più indocile fra i governatori peronisti con il presidente peronista conservatore Carlos Menem.
Alla fine di quella decade, il modello economico ultra-liberista di Menem faceva acqua da tutte le parti. Il conservatore Fernando de la Rúa, che sulla carta era a capo di una coalizione socialdemocratica, approfondì quel modello e l'Argentina arrivò al collasso. Una povertà al 56%, repressione e morte nelle strade, impunità ovunque e una melma che inondava tutte le istituzioni. Il paese sprofondò nell'orrore e si ritrovò nudo davanti allo specchio.
Il «que se vayan todos» che si levava dai «cacerolazos» aveva spazzato via la classe politica argentina. In mancanza di leader riconosciuti, apparve allora dalla lontana Patagonia Kirchner, a cui fece ricorso il presidente ad interim Eduardo Duhalde, un peronista populista di destra. Kirchner ebbe il 22% dei voti al primo turno delle presidenziali dell'aprile 2003. Il suo rivale nel ballottaggio, Menem, preferì evitare l'umiliazione e si ritirò.
Fu allora che Kirchner inventò se stesso. Anche i suoi nemici, che sono stati tanti, gli riconobbero una formidabile capacità di raddoppiare la posta nelle circostanze più critiche.
Kirchner combatté la chiesa, i militari golpisti, l'Fmi, le associazioni industriali e agro-pecuarie, i guru della finanza e i poderosi gruppi mediatici.
La politica dei diritti umani fu il suo marchio di fabbrica fin dal primo momento. Il suo governo derogò le leggi d'impunità - Obediencia debida e Punto final - e annullò gli indulti concessi da Menem, fomentò una politica della memoria e della giustizia. Militari e preti genocidi, come Videla, Menéndez, Von Wernich e Astiz tornarono davanti ai tribunali. Più di 70 killer furono condannati e altri 500 sono attualmente sotto processo.
Una donna che ai suoi 80 anni sa cosa vogliono dire dolore e morte, Estela Carlotto, presidente delle Nonne della Piazza di Maggio, ha avuto solo la forza: era «un uomo indipensabile di cui il paese aveva enorme bisogno». Juan Cabandié, uno dei più di 100 nipoti recupati e oggi dirigente kirchnerista, ha detto fra le lagrime: «Un uomo che non ha mai preso nessuna decisione contro i settori popolari di quest'Argentina così ingiusta e diseguale».
Kirchner aveva un carattere aspro. Anche George W. Bush dovette fare i conti con i suoi modi spicci. La sua asprezza era un peccato imperdonabile per l'opposizione e i media.
Ricevette accuse di corruzione, anche personali, come nel caso dell'acquisto di terre demaniali a basso prezzo a El Calafate poi rivendute a prezzi molto più alti. Altri casi di corruzione contro personaggi del governo hanno portato a decine di cause giudiziarie. Ma da presidente fu lui a imporre una drastica riforma della Corte suprema, menemista e corrotta, fino a farne un organismo prestigioso e rispettato.
Il fronte economico è stato un altro dei suoi punti forti, chiave di volta per la vittoria di Cristina nel 2007. Entrambi disattesero gli ammonimenti dei «guru della City», Standard & Poor's e l'Fmi, e il paese dal 2003 crebbe a tassi cinesi. Nel 2009 l'Argentina si lasciò la crisi alle spalle e quest'anno di prevede una crescita del 9.5% quando l'Fmi aveva pronosticato l'1.5%. Anche la povertà fu drasticamente ridotta.
I Kirchner commisero un'infinità di sacrilegi. L'anno scorso il governo di Cristina ristatalizzò il perverso e rovinoso sistema di pensioni private creato da Menem (e ancora vigente in Cile) e a partire da lì lo Stato ebbe i fondi per aumentare le pensioni e creare un sistema di welfare universale pari a 45 euro per ogni bambino argentino.
Due sono state le battaglie che hanno fatto spendere a Kirchner le sue ultime energie. Nel 2008 si scontrò e perse con il movimento agro-pecuario nel tentativo di aumentare le imposte ai super-profitti della soja. Il prezzo pagato fu la dura sconfitta nelle elezioni di medio termine del 2009.
Ma il governo dei K. riuscì a far passare, quello stesso anno, la legge sui media che cercava di rompere il monopolio nel settore delle comunicazioni. Di fronte si ritrovò il super-poderoso gruppo del Clarín. Era nel fuoco di questa guerra, con al fianco la moglie Cristina, quando ieri, poco dopo le 9 di mattina, il cuore ha detto basta.

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